domenica 29 giugno 2008



La mia casa inizia ad essere il piccolo tempio di libri che volevo. Il primo lotto di libreria è pieno, così come il mobiletto della nicchia, il tavolino all'ingresso, la libreria nello studio e le mensole sopra la porta ei comodini della camera. Con somma soddisfazione ho inziato una nuova sezione dedicata ai libri scritti dai miei amici. Sono a quota quattro scritti. E' ora di progettere l'up grade degli scaffali... è ora di creare nuovo spazio da riempire di sapere.

sabato 28 giugno 2008




Tratto da:
BEAT e MONDO BEAT
di Matteo Guarnaccia ed. Stampa Alternativa


"Ferlinghetti possiede l'arsenale, o se preferite il santuario, della letteratura della beat generation. E' una piccola, tranquilla libreria situata in Colombus Avenue, il viale di cui parla nella poesia dedicata alla statua di San Francesco, che è pochi isolati più innanzi. A pochi passi dalla libreria formicola la vita intensissima di Chinatown, il quartiere cinese di San Francisco,. I commessi sono dei beatnik timidi, direi quasi casti, che vi accolgono con sorrisi discreti e, quando avete fatto amicizia, vi mettono in mano il loro ultimo volume di poesie. Una scaletta porta a un
seminterrato, dove attorno ad un tavolino si raccolgono di tanto in tanto Ferlinghetti e gli amici in tranquille conversazioni, in un'atmosfera a dir poco ovattata. Ai muri ci sono ritagli di giornali, testate di bollettini anarchici di tutto il mondo, petizioni contro la guerra o contra la bomba atomica che i visitatori sono invitati a firmare. E lui, Ferlinghetti, che è nato a New York nel 1919, ha combattuto in Europa e ha trascorso alcuni anni del dopoguerra a Parigi, è un uomo tranquillo e dolce, dagli occhi chiari che non si riesce a immaginare nel turbine di una seduta di jazz e di declamzione di poesie, a fianco dell'irruente Kenneth Rexroth che è spesso il suo partner in tali occasioni. La libreria di Ferlinghetti, la City Light Bookshop, pubblica volumetti di poesie e prosia dei suoi amici, in edizioni minuscole ed economiche, e vi si possono trovare testi di autori d'avanguardia di ogni paese in una curiosa atmosfera da cartoleria di provincia..."













... io 18,3 Kg fa :)


venerdì 27 giugno 2008




Se lo sapevo andavo al circo al posto dei poliambulatori dell'OSPEDALE DI LEGNANO (giusto per non fare riferimento alcuno). Mi sono trovata un Dottore con le scimmie nel cervello, indeciso se prendere il caffè, fumarsi una sigaretta o degnarsi di guardare la mia risonanza dicendomi che avevo l'ernia. Dai??? Ma quanti anni di studio bisogna fare per leggere "ernia" e cacchio, sono ben 5 lettere eh! Il genio arrivato direttamente dal Muppet show mi ha detto in breve che devo vedere se passa, se non passa mi operano. Cure non ce ne sono se non pregare nell'avvento della protezione Celeste perchè potrebbe migliorare, ma anche no e nel frattempo posso fare tutto ma devo evitare tutto. Se resto in cinta cazzi miei, niente più farmaci e mi devo tenere i dolori che solo chi li ha provati o mi ha vista domenica notte sa cosa sono... Questo è il motivo per cui paghiamo le tasse, queste sono le strutture che la sanità italiana ci offre. Ovviamente ora mi rivolgerò a qualche genio privato perchè sono gli unici che non hanno una lista d'attesa semestrale il quale mi proporrà qualche cura innovativa alla modica cifra di mila euri. Il Dottore con le scimmie nel cervello si è anche premurato di dirmi che la S. Rita o del Galeazzi e di tutte le cliniche che lavorano a "provvigione" fanno la stessa cosa, mi possono operare anche domani anche se non serve e ha ben chiarito che se mi operano potrebbero esserci gravi danni fino alla paralisi del piede... che così io adesso non sono nemmeno tanto spaventata. Ci aggiorniamo alle prossime puntate ... forse.


Questa mattina visita dall'allegro cihrurgo !!!


Speriamo bene


p.s. Mi portano mio padre (che ci stà perchè non guido) e MIA MADRE perchè vogliono sentire cosa dice il dottore e hanno paura che io non dica tutte le cose... ma ci rendiamo conto!!! Userò il mio bastone come arma di difesa!!!



giovedì 26 giugno 2008

[youtube http://www.youtube.com/watch?v=Ma3RSiRnNh4&hl=en]



Alle volte vorrei solo portarti via da tutto, adesso che sei rimasta uno scricciolo ancora di più. Sei talmente abituata a essere presa a pedate, che ti sei presa un mezzo marito vestito da uomo. Anzi, te lo sei trovata in casa, e tu hai detto sì, perchè tutta la tua ribelione è rimasta nelle parole volate quel pomeriggio quando sei stata messa all'asta e valevi meno di una casa. Nessuno ha fatto nulla per trattenerti e tu non hai nemmeno provato a combattere. E' in questi momenti che vorrei essere dannatamente ricca per staccare un assegno, comprarti quella casa e mandare affanculo tutti quelli che ti hanno resa così. Te compresa, o meglio quella parte di te che ha spianato la strada a quella mandria di idioti che ti circondano.
E vedi di non mollare adesso, vedi di firmare questo cazzo di rogito e portarti a casa queste quattro mura e poi torna a mangiare, a vivere e a sfanculare come facevi ai vecchi tempi.
Dai bionda ... resisti ancora un po'

mercoledì 25 giugno 2008

E così, più claudicante nel fisico che nel cuore, sono arrivata al secondo anniversario di matrimonio... e chi l'avrebbe mai detto? :) E' stato come preferisco: la nostra casa, noi due e tutto il mondo fuori. Tranquilli a gustarci la cena organizzata dal Gibson a base di sushi. Grazie Gib.... tutto il resto lo sai già.








P.S. BOLLETTINO MEDICO: Sono ancora sotto l'effetto di droghe buone e ho scoperto che c'è un dettaglio positivo nell'aver perso sensibilità in metà gamba sinistra: puoi passare l'epilatore senza provare alcun dolore. Think Pink

lunedì 23 giugno 2008


BOLLETTINO MEDICO


Dunque ...si sa che il caldo è arrivato e la notte non si riesce a dormire bene, quindi cosa c'è di meglio di un giretto in ambulanza per vincere la noia??? Ieri è stata una buon giornata dal punto di vista dolori e affini, ma ieri sera il famoso MALE PORCO, si è ripresentato, ancora più porco... un MALE PORCO SIFFREDI per intenderci. Le mie gentili lamentele sono arrivate fino a mia sorella che è scesa con la camicia da notte e la faccia preoccupata. Mossi a compassione abbiamo fatto arrivare la guardia medica che è arrivata verso alle 2.00, mi ha fatto un'iniezione di muscoril che mi ha permesso di "dormicchiare" 3 ore. Alle 5.00 ripartono le sirene dei miei urli... non è stata una buona idea cercare di cambiare posizione sul divano (perchè nel letto mica riuscivo a stare), ora so che piuttosto mi faccio venire le piaghe ma col cavolo che mi muovo. Fatto sta che non potevamo fare altro che chiamare l'ambulanza per il suddetto giretto. Dopo 3 flebo di cortisone e due punture il male era rientrato nella categoria "MALE PORCO" senza l'opzione SIFFREDI e così mi hanno rimandato a casa con le seguenti prescrizioni mediche:


RIPOSO (malattia fino al 12 luglio... poi si vedrà)


CORTISONE (x 12 giorni)


CONTRAMAL (che appartiene alla famiglia degli oppiacei...robba buuuuoonna)


FARMACO NUOVO (che non so ancora cos'è perchè l'abbiamo dovuto ordinare)


PETTINE PER LO STOMACO (e vorrei anche vedere con tutte ste porcate)


Ho chiesto il Martini come antidolorifico, ma pare non appartenga alle tabelle dei farmaci del servizio sanitario... sempre detto che sono arretrati. Se tutto "Va bene" vinco un'operazione nuova nuova... son soddisfazioni!!! In tutto questo devo dire che il Gibson E' STATO FANTASTICO... anche se ha dimenticato ancora le mie scarpe :) Grazie davvero cow boy, questa notte senza di te sarei stata persa.


Questo è tutto.... per ora .... se sarò assente in questi giorni sapete il perchè.


p.s. la demenza è colpa dei farmaci.... ma anche no ;)

domenica 22 giugno 2008

ELUCUBRAZIONI DA MOTORADUNO


(HURRICANES)


[youtube http://www.youtube.com/watch?v=htuxb-m4-ng&hl=it]


ASCOLTANDO GLI ONDA D'URTO: ricordo di Mr.While


Sogno di una notte di mezza estate, o forse è solo l'inizio con quella musica che sa di vecchi ricordi, come le voci giovani e quella camicia con le maniche stracciate che sarà un po' tamarra, ma fa tanto rock. Con il gruppo di amici vestiti da grandi, fatti di belle promesse di fumo, sudore e birra. E quello che suona e pizzica ogni corda del buon ricordo, di quando eravamo i migliori noi, quelli che non si schiffeggiavano con il veleno. La tua migliore chitarra, la mia migliore voce. L'amicizia più gande che scottava come il più grande tradimento e mi resta questa fede che giro sul dito e che oggi sento mia.



e .... ASCOLTANDO I CHERRY PIE:


ALL RIGHT NOW


Per il dolore che ora non sento


Per il ricordo che non ferisce più


Per la musica dei miei amici


Per il cielo nero sopra di me


Per ogni foglia che profuma d'estate


Per il trucco che oggi ho rifiutato


Per i capelli che se ne fregano


Per ogni giorno in più


Per ogni parola che riesco a scrivere


Per le volte che ti sento vicina


Per ogni preghiera che ascolti


Per ogni lacrima che trasformi in forza


... Per questa sera... all right now.


giovedì 19 giugno 2008

FOTO DEL MALE PORCO





Poi mi dicono che faccio male ad essere autonoma... ma posso mai io avere bisogno degli altri quando gli altri sono la mia famiglia?????


Mio padre s'è gentilmente offerto (dietro mia chiamata) di portarmi al lavoro questa mattina visto che ormai mi sono giocata la possibilità di pigiare il pedale della frizione. Tempo di percorrenza stimato "legnano-vanzago" circa 20 minuti (a farla piano)... tempo di percorrenza con papà 40 minuti!!!! Chiaramente il daddy è stato ingaggiato anche per il viaggio della speranza del ritorno. Orario di lavoro 9.30-16.... arrivo di papà 16.50 (madonne di laura nell'attesa... incalcolabili)


Arrivo a casa (previo giro turistico del paese, strada più lunga e trafficata del west etc) e con me arriva mia madre. Mi ha fatto fare la ricetta per l'urgenza... e ci sono voluti 2 giorni per averla.... chiaramente la dicitura è sbagliata perchè ho una dottoressa che ha una macchina per i pop corn in testa al posto del cervello. Chiamo l'ufficio prenotazioni urgenti della clinica.... chiuso... ovviamente. Poi segue dialogo mamma- laura:


MAMMA: TI AIUTO?


LAURA: ADESSO NON POSSO DEVO FARE DELLE COSE URGENTI PER LAVORO


MAMMA: TI AIUTO


LAURA: ADESSO NON POSSO DEVO FARE DELLE COSE URGENTI PER LAVORO


MAMMA: TI AIUTO?


LAURA: ADESSO NON POSSO DEVO FARE DELLE COSE URGENTI PER LAVORO


MAMMA: TI AIUTO


LAURA: ADESSO NON POSSO DEVO FARE DELLE COSE URGENTI PER LAVORO


---


...


e verso l'infiiniitttooooo


Finchè non sclero e allora parte la solita solfa "e ma io ti voglio aiutare, tu vuoi fare tutto da solaaaa, sei una testona mi fai sentire inutile la viiiitaaaaa"


N.B. Il motivo del mio rifiuto nasce dal fatto che mia madre le uniche due volte che è venuta ad aiutarmi ha smontato mezza casa, ha messo le mani nei miei cassetti e in quelli di mio marito (cosa che non faceva nemmeno quando vivevo con lei) e mi ha simpaticamente rotto le palle nei giorni seguenti con la solfa "non lo dico per criticare MA.....", l'ultima volta che mi ha stirato delle cose mi ha fatto un foglio di 2 pagine A4 su come si fa a fare il bucato..... ma mica per fare una critica. Avrei voluto davvero dire che in 4 anni che vivo da sola non ho mai scolorito etc nulla, mentre lei mi ha gentilmento rovinato un bel po' di cose... ma mi sono trattenuta perchè, in fondo.. tanto in fondo sono buona.... ma anche no!!!!!!

martedì 17 giugno 2008

SULLE ORME DEI "POTREI" DI STAR....


Potrei raccontare di quanto mi sia costato alzarmi, lavarmi, chiudere la valigia e partire solo per essere più forte dei malanni che non mi lasciano, solo per fottermene di tutto e godermi il we con gli amici, così come progettato, così come doveva essere.


Potrei raccontare di come passare per "quella strada" non sia stata più una fitta al cuore, ma un ricordo caldo, e dolce e mio e basta. E un ricordo amaro, quel nome, quella lapide, quella telefonata di dicembre.


Oppure potrei raccontare della strada che va avanti, che supera quella deviazione e cambia panorama, un panorama che conoscevo poco, con la tav che lo sta trasformando e due treni parcheggiati giusto per dimostrare che il progetto sta funzionando.


E raccontare del pugno nello stomaco o forse quella felicità di trovare Il Fiume, ancora intrecciato ai miei giorni, con un amore nuovo, un ruolo nuovo, amici nuovi ... alcuni nuovissimi.


E poi la pace, come se non fossero passati 10 anni. La pace di trovarmi sull'argine con il fiume gonfio e il sole basso, e tornare ad essere sola... sola con il fiume ... e il mondo intorno. Toccare quella voglia di essere anima, di essere acqua, sentire la struggente lontananza del mare, di Casa.


Oppure potrei postare qualche foto....e smetterla di farneticare... e direi che è la soluzione migliore, anzi... notevole!




e le altre.....















On the Road .... Guastalla



venerdì 13 giugno 2008

[youtube http://www.youtube.com/watch?v=vxiGZ1csCAg&hl=en]


Ieri mentre la mia Brumilla era tempestata dalla grandine


e l'autostrada sembrava una pista di pattinaggio


è passata in radio questa canzone


... meravigliosa....


Anche se non amo molto i giochini che prevendono il "clicca qui etc" .... mi crogiolo della votazione fatta da Uait sul suo blog che porta la seguente motivazione:



Lala:per la sua concretezza l'incredibile comunicativa e il senso dell'umorismo(e anche perchè spero che così non mi porti più il broncio:)



giovedì 12 giugno 2008

Secondo film sbagliato in soli due giorni? Valanghe di parole e trame tremendamente scontate che si assommano ad una schiena piegata e un cuore spezzato? Forse. Sta di fatto che alla fine lei si è presa Big, volente o nolente, innamorato, figo come sempre (e tinto) scendendo a compromessi con i suoi desideri in cambio della struggente paura di perdere qualcuno. Certo più facile perdere se stessa. Io resisto, per ora. Flagellata e crocefissa, resisto. Io ancora io, sempre io, nelle mie priorità. Io sempre io nella voglia di alzarmi al mattino, non aspettandomi nulla, ma sperando in una poesia gialla, al posto impensato al momento impensato. O almeno credo. E Aiden? Dove cazzo è finito Aiden?

mercoledì 11 giugno 2008

Pausa pranzo.


La macchina si ferma per mancanza di benzina, passano i Caramba e mi ridono in faccia "Signorina, ci sono problemi???" io "No bhè, se mettessi la benzina non ce ne sarebbero... ma oggi ho la gonna bianca poi mi sporco" e loro ridono ancora di più "vabbhè, provi a ripartire, se non riesce la portiamo al distributore qui vicino".... Brumilla brum brum parte.


Il piccolo. Zia oggi sembra che hai 20 anni (+ 200 punti). Mangiamo insieme. Prima di tornare al lavoro: Bacio zia, e mi raccomando non ti stancare e non ti preoccupare troppo (+ 100 punti)


In macchina a palla "canzone pre lavoro" : Alan Sorrenti


Dammi il tuo amore
non chiedermi niente
dimmi che hai bisogno di me
tu sei sempre mia anche quando via
tu sei l'unica donna per me

quando il sole del mattino mi sveglia
tu non vuoi lasciarmi andare via
il tempo passa in fretta, quando siamo insieme noi
e' triste aprire quella porta
io resterò se vuoi, io resterò se vuoi

dammi il tuo amore
non chiedermi niente
dimmi che hai bisogno di me
tu sei sempre mia anche quando vado via
tu sei l'unica donna per me

quando il sole del mattino mi sveglia
tu non vuoi lasciarmi andare via
il tempo passa in fretta, quando siamo insieme noi
e' triste aprire quella porta
io resterò se vuoi, io resterò se vuoi

sei proprio tu l'unica donna per me
il resto non conta se io sono con te
non voglio andar via
se ti perdo non ho
più nessuna ragione per vivere

dammi il tuo amore
non chiedermi niente
dimmi che hai bisogno di me
tu sei sempre mia anche quando vado via
tu sei l'unica donna per me

dammi il tuo amore
non chiedermi niente
dimmi che hai bisogno di me
tu sei sempre mia anche quando vado via
tu sei l'unica donna per me


martedì 10 giugno 2008


DOVE E' VERO QUEL CHE VEDI (*)


Sette, otto, nove… grazie signore. Uno, due e tre…. Signore una moneta….quattro, cinque… un crampo alla gamba, l’allungo, o che vita, adesso passa. Quante formiche nove, dieci, undici.



Quella caviglia, ondeggia sulla sua voglia. Sette passi. Tra sette passi lo incontra. Uno, due, tre… ne bastano cinque. Non è suo marito. E’ vecchio, di sicuro, con le scarpe marroni che vuole fingere vecchie, ma si vede che sono da signore. Affianacano i passi. Puttana. Puttana che ondeggia sulle caviglie che trema per finta e per finta lo vuole. Quello che conta è che lui la desideri, così potrà guardarsi allo specchio con uno nuovo sfregio e un nuovo trofeo.



Una moneta signora ho fame. Guarda come scappa, sarà forse la mia puzza e tiene stretti i due bambini con le scarpe che si illuminano. Non si preoccupi signora nemmeno mi hanno visto, non si cammina con gli occhi bassi, bisogna sfidare gli sguardi e contare quelli che si posano su di noi. Uno, tre, cinque.



Quattro passi e quella inciampa sulle stringhe slacciate delle sue scarpe luride. Uno, due, tre e… Averle le scarpe, non le terrei mai slacciate, che si inciampa e si cade ed entra il freddo, l’umido, la terra ed esce solo l’odore. Io le mie le ho imbottite con il giornale. Guardala, piedi storti incrociati a quelli del moccioso e penso che se lo stia mangiando con baci sguaiati alla saliva. Che sono tutti magri poi, con il pantalone che sembra che cada e io ogni giorno aspetto di vederne uno … uno, due, tre, ma ne basta uno, che inciampi sui calzoni calati, così calati che finiscono alle caviglie. E allora conterei le risate, sette, otto, venti.



Non guardo più su, grazie signore, che il mondo alto non mi piace. Nel mondo alto io sono terra arida, una muffa che aggredisce l’asfalto. E conto i giorni. Nove, dieci, troppi. I giorni da quando sono finita a terra, i giorni che mi separano dal finirci sotto. Troppi, anche contati alla rovescia. Troppi e basta. Ma passo il tempo. Conto i pensieri, i campi allo stomaco nove, dieci, undici. Conto i piccioni che girano intorno, cento, duecento. E conto le scarpe, quelle che si fermano, poche, quelle che corrono, tante, quelle che mi scavalcano, troppe… trenta, quaranta, cinquanta



P.S. colpa di Star, prendetevela con lei.



(*) E la luna bussò, Loredana Bertè:


E allora giù
quasi per caso
più vicino ai marciapiedi
dove è vero quel che vedi


Mi sono innamorata di una nuova canzone che la mia ignoranza musicale mi ha fatto scoprire solo ora... semplicemente meravigliosa .... sono un po' arida in questi giorni.. non ho parole mie da scrivere... ed è meglio così ... e la canzone mica l'ho scelta a caso "Words are flying out like
endless rain into a paper cup "....






[youtube http://www.youtube.com/watch?v=bbirjVeI_Pk&hl=en]








Words are flying out like
endless rain into a paper cup
They slither while they pass
They slip away across the universe
Pools of sorrow waves of joy
are drifting thorough my open mind
Possessing and caressing me

Jai guru deva om
Nothing's gonna change my world
Nothing's gonna change my world
Nothing's gonna change my world
Nothing's gonna change my world

Images of broken light which
dance before me like a million eyes
That call me on and on across the universe
Thoughts meander like a
restless wind inside a letter box
they tumble blindly as
they make their way across the universe

Jai guru deva om
Nothing's gonna change my world
Nothing's gonna change my world
Nothing's gonna change my world
Nothing's gonna change my world

Sounds of laughter shades of life
are ringing through my open ears
exciting and inviting me
Limitless undying love which
shines around me like a million suns
It calls me on and on across the universe


Jai guru deva om
Nothing's gonna change my world
Nothing's gonna change my world
Nothing's gonna change my world
Nothing's gonna change my world
Jai guru deva
Jai guru deva


Guarda…io sono da sola ormai.
Credi…non c'e' più nessuna che
quando chiedi troppo e lo sai,
quando vuoi quello che non sei te
ricordati di me…forse non ci credi.

Sguardi…guarda sono qui per me
Non ti ricordi…eri come loro te.
Sono tutti quanti degli eroi
quando vogliono qualcosa…beh
lo chiedono lo sai… a chi può sentirli…

La cambio io la vita che
non ce la fa a cambiare me
bevi qualcosa, cosa volevi
vuoi far l'amore con me
la cambio io la vita che
che mi ha deluso più di te
portami al mare, fammi sognare
e dimmi che non vuoi morire...

Dimmi…sono solo guai per te.
Dimmi, ti sei ricordato che
hai una donna
che se non ci sei
come fa a resistere senza te.
Piangi insieme a me dimmi cosa cerchi.

La cambio io la vita che
non ce la fa a cambiare me
bevi qualcosa, se non ti siedi
vuoi far l'amore con me
la cambio io la vita che
che mi ha deluso più di te
portami al mare, fammi sognare
e dimmi che non vuoi morire...

la la la…………..

e dimmi che non vuoi morire...

lunedì 9 giugno 2008

COMUNICAZIONE DI SERVIZIO


VENERDI' MI HANNO BELLAMENTE FOTTUTO IL CELLULARE, IL MIO NUMERO DOVREBBE ESSERE RIATTIVATO OGGI (O CMQ NEI PROSSIMI GIORNI). CHIEDO CORTESEMENTE DI INVIARMI PVT, MAIL (dlaura76@hotmail.com) o SMS CON IL VS NUMERO DI TELEFONO (ovviamente quelli che già me lo avevano dato in precedenza... mi vengono in mente Lapo, Enrico, Star, Manuel x esempio)


LA DIREZIONE RINGRAZIA PER LA GENTILE COLLABORAZIONE E COLGO L'OCCASIONE PER PORGERE CORDIALI SALUTI


P.S. A CHI IN QUESTO MOMENTO STA USANDO IL MIO CELLULARE AUGURO INVECE CHE UNA TEMPESTA MAGNETICA SI ABBATTA SUL MIO TELEFONO E GLI FULMINI IL CERVELLO DA ORECCHIO A ORECCHIO.


P.P.S SE HO TEMPO DOPO SCRIVO QUALCOSA DI PIù DEGNO.

venerdì 6 giugno 2008

Dedicato a Deborah e Lorenzo



IL TRENO HA FISCHIATO...


Farneticava. Principio di febbre cerebrale, avevano detto i medici; e lo ripetevano tutti i compagni d'ufficio, che ritornavano a due, a tre, dall'ospizio, ov'erano stati a visitarlo. Pareva provassero un gusto particolare a darne l'annunzio coi termini scientifici, appresi or ora dai medici, a qualche collega ritardatario che incontravano per via: - Frenesia, frenesia. - Encefalite. - Infiammazione della membrana. - Febbre cerebrale. E volevan sembrare afflitti; ma erano in fondo così contenti, anche per quel dovere compiuto; nella pienezza della salute, usciti da quel triste ospizio al gajo azzurro della mattinata invernale. - Morrà? Impazzirà? - Mah! - Morire, pare di no... - Ma che dice? che dice? - Sempre la stessa cosa. Farnetica... - Povero Belluca! E a nessuno passava per il capo che, date le specialissime condizioni in cui quell'infelice viveva da tant'anni, il suo caso poteva anche essere naturalissimo; e che tutto ciò che Belluca diceva e che pareva a tutti delirio, sintomo della frenesia, poteva anche essere la spiegazione più semplice di quel suo naturalissimo caso. Veramente, il fatto che Belluca, la sera avanti, s'era fieramente ribellato al suo capo-ufficio, e che poi, all'aspra riprensione di questo, per poco non gli s'era scagliato addosso, dava un serio argomento alla supposizione che si trattasse d'una vera e propria alienazione mentale. Perché uomo più mansueto e sottomesso, più metodico e paziente di Belluca non si sarebbe potuto immaginare. Circoscritto... sì, chi l'aveva definito così? Uno dei suoi compagni d'ufficio. Circoscritto, povero Belluca, entro i limiti angustissimi della sua arida mansione di computista, senz'altra memoria che non fosse di partite aperte, di partite semplici o doppie o di storno, e di defalchi e prelevamenti e impostazioni; note, libri-mastri, partitarii, stracciafogli e via dicendo. Casellario ambulante: o piuttosto, vecchio somaro, che tirava zitto zitto, sempre d'un passo, sempre per la stessa strada la carretta, con tanto di paraocchi. Orbene, cento volte questo vecchio somaro era stato frustato, fustigato senza pietà, così per ridere, per il gusto di vedere se si riusciva a farlo imbizzire un po', a fargli almeno almeno drizzare un po' le orecchie abbattute, se non a dar segno che volesse levare un piede per sparar qualche calcio. Niente! S'era prese le frustate ingiuste e le crudeli punture in santa pace, sempre, senza neppur fiatare, come se gli toccassero, o meglio, come se non le sentisse più, avvezzo com'era da anni e anni alle continue solenni bastonature della sorte. Inconcepibile, dunque, veramente, quella ribellione in lui, se non come effetto d'una improvvisa alienazione mentale. Tanto più che, la sera avanti, proprio gli toccava la riprensione; proprio aveva il diritto di fargliela, il capo-ufficio. Già s'era presentato, la mattina, con un'aria insolita, nuova; e - cosa veramente enorme, paragonabile, che so? al crollo d'una montagna - era venuto con più di mezz'ora di ritardo. Pareva che il viso, tutt'a un tratto, gli si fosse allargato. Pareva che i paraocchi gli fossero tutt'a un tratto caduti, e gli si fosse scoperto, spalancato d'improvviso all'intorno lo spettacolo della vita. Pareva che gli orecchi tutt'a un tratto gli si fossero sturati e percepissero per la prima volta voci, suoni non avvertiti mai. Così ilare, d'una ilarità vaga e piena di stordimento, s'era presentato all'ufficio. E, tutto il giorno, non aveva combinato niente. La sera, il capo-ufficio, entrando nella stanza di lui, esaminati i registri, le carte: - E come mai? Che hai combinato tutt'oggi? Belluca lo aveva guardato sorridente, quasi con un'aria d'impudenza, aprendo le mani. - Che significa? - aveva allora esclamato il capo-ufficio, accostandoglisi e prendendolo per una spalla e scrollandolo. - Ohé, Belluca! - Niente, - aveva risposto Belluca, sempre con quel sorriso tra d'impudenza e d'imbecillità su le labbra. - Il treno, signor Cavaliere. - Il treno? Che treno? - Ha fischiato. - Ma che diavolo dici? - Stanotte, signor Cavaliere. Ha fischiato. L'ho sentito fischiare... - Il treno? - Sissignore. E se sapesse dove sono arrivato! In Siberia... oppure oppure... nelle foreste del Congo... Si fa in un attimo, signor Cavaliere! Gli altri impiegati, alle grida del capo-ufficio imbestialito, erano entrati nella stanza e, sentendo parlare così Belluca, giù risate da pazzi. Allora il capo-ufficio - che quella sera doveva essere di malumore - urtato da quelle risate, era montato su tutte le furie e aveva malmenato la mansueta vittima di tanti suoi scherzi crudeli. Se non che, questa volta, la vittima, con stupore e quasi con terrore di tutti, s'era ribellata, aveva inveito, gridando sempre quella stramberia del treno che aveva fischiato, e che, perdio, ora non più, ora ch'egli aveva sentito fischiare il treno, non poteva più, non voleva più esser trattato a quel modo. Lo avevano a viva forza preso, imbracato e trascinato all'ospizio dei matti. Seguitava ancora, qua, a parlare di quel treno. Ne imitava il fischio. Oh, un fischio assai lamentoso, come lontano, nella notte; accorato. E, subito dopo, soggiungeva: - Si parte, si parte... Signori, per dove? per dove? E guardava tutti con occhi che non erano più i suoi. Quegli occhi, di solito cupi, senza lustro, aggrottati, ora gli ridevano lucidissimi, come quelli d'un bambino o d'un uomo felice; e frasi senza costrutto gli uscivano dalle labbra. Cose inaudite, espressioni poetiche, immaginose, bislacche, che tanto più stupivano, in quanto non si poteva in alcun modo spiegare come, per qual prodigio, fiorissero in bocca a lui, cioè a uno che finora non s'era mai occupato d'altro che di cifre e registri e cataloghi, rimanendo come cieco e sordo alla vita: macchinetta di computisteria. Ora parlava di azzurre fronti di montagne nevose, levate al cielo; parlava di viscidi cetacei che, voluminosi, sul fondo dei mari, con la coda facevan la virgola. Cose, ripeto, inaudite. Chi venne a riferirmele insieme con la notizia dell'improvvisa alienazione mentale rimase però sconcertato, non notando in me, non che meraviglia, ma neppur una lieve sorpresa. Difatti io accolsi in silenzio la notizia. E il mio silenzio era pieno di dolore. Tentennai il capo, con gli angoli della bocca contratti in giù, amaramente, e dissi: - Belluca, signori, non è impazzito. State sicuri che non è impazzito. Qualche cosa dev'essergli accaduta; ma naturalissima. Nessuno se la può spiegare, perché nessuno sa bene come quest'uomo ha vissuto finora. Io che lo so, son sicuro che mi spiegherò tutto naturalissimamente, appena l'avrò veduto e avrò parlato con lui. Cammin facendo verso l'ospizio ove il poverino era stato ricoverato, seguitai a riflettere per conto mio: «A un uomo che viva come Belluca finora ha vissuto, cioè una vita "impossibile", la cosa più ovvia, l'incidente più comune, un qualunque lievissimo inciampo impreveduto, che so io, d'un ciottolo per via, possono produrre effetti straordinarii, di cui nessuno si può dar la spiegazione, se non pensa appunto che la vita di quell'uomo è "impossibile". Bisogna condurre la spiegazione là, riattaccandola a quelle condizioni di vita impossibili, ed essa apparirà allora semplice e chiara. Chi veda soltanto una coda, facendo astrazione dal mostro a cui essa appartiene, potrà stimarla per se stessa mostruosa. Bisognerà riattaccarla al mostro; e allora non sembrerà più tale; ma quale dev'essere, appartenendo a quel mostro. Una coda naturalissima.» Non avevo veduto mai un uomo vivere come Belluca. Ero suo vicino di casa, e non io soltanto, ma tutti gli altri inquilini della casa si domandavano con me come mai quell'uomo potesse resist
ere in quelle condizioni di vita. Aveva con sé tre cieche, la moglie, la suocera e la sorella della suocera: queste due, vecchissime, per cataratta; l'altra, la moglie, senza cataratta, cieca fissa; palpebre murate. Tutt'e tre volevano esser servite. Strillavano dalla mattina alla sera perché nessuno le serviva. Le due figliuole vedove, raccolte in casa dopo la morte dei mariti, l'una con quattro, l'altra con tre figliuoli, non avevano mai né tempo né voglia da badare ad esse; se mai, porgevano qualche ajuto alla madre soltanto. Con lo scarso provento del suo impieguccio di computista poteva Belluca dar da mangiare a tutte quelle bocche? Si procurava altro lavoro per la sera, in casa: carte da ricopiare. E ricopiava tra gli strilli indiavolati di quelle cinque donne e di quei sette ragazzi finché essi, tutt'e dodici, non trovavan posto nei tre soli letti della casa. Letti ampii, matrimoniali; ma tre. Zuffe furibonde, inseguimenti, mobili rovesciati, stoviglie rotte, pianti, urli, tonfi, perché qualcuno dei ragazzi, al bujo, scappava e andava a cacciarsi fra le tre vecchie cieche, che dormivano in un letto a parte, e che ogni sera litigavano anch'esse tra loro, perché nessuna delle tre voleva stare in mezzo e si ribellava quando veniva la sua volta. Alla fine, si faceva silenzio, e Belluca seguitava a ricopiare fino a tarda notte, finché la penna non gli cadeva di mano e gli occhi non gli si chiudevano da sé. Andava allora a buttarsi, spesso vestito, su un divanaccio sgangherato, e subito sprofondava in un sonno di piombo, da cui ogni mattina si levava a stento, più intontito che mai. Ebbene, signori: a Belluca, in queste condizioni, era accaduto un fatto naturalissimo. Quando andai a trovarlo all'ospizio, me lo raccontò lui stesso, per filo e per segno. Era, sì, ancora esaltato un po', ma naturalissimamente, per ciò che gli era accaduto. Rideva dei medici e degli infermieri e di tutti i suoi colleghi, che lo credevano impazzito. - Magari! - diceva. - Magari! Signori, Belluca, s'era dimenticato da tanti e tanti anni - ma proprio dimenticato - che il mondo esisteva. Assorto nel continuo tormento di quella sua sciagurata esistenza, assorto tutto il giorno nei conti del suo ufficio, senza mai un momento di respiro, come una bestia bendata, aggiogata alla stanga d'una nòria o d'un molino, sissignori, s'era dimenticato da anni e anni - ma proprio dimenticato - che il mondo esisteva. Due sere avanti, buttandosi a dormire stremato su quel divanaccio, forse per l'eccessiva stanchezza, insolitamente, non gli era riuscito d'addormentarsi subito. E, d'improvviso, nel silenzio profondo della notte, aveva sentito, da lontano, fischiare un treno. Gli era parso che gli orecchi, dopo tant'anni, chi sa come, d'improvviso gli si fossero sturati. Il fischio di quel treno gli aveva squarciato e portato via d'un tratto la miseria di tutte quelle sue orribili angustie, e quasi da un sepolcro scoperchiato s'era ritrovato a spaziare anelante nel vuoto arioso del mondo che gli si spalancava enorme tutt'intorno. S'era tenuto istintivamente alle coperte che ogni sera si buttava addosso, ed era corso col pensiero dietro a quel treno che s'allontanava nella notte. C'era, ah! c'era, fuori di quella casa orrenda, fuori di tutti i suoi tormenti, c'era il mondo, tanto, tanto mondo lontano, a cui quel treno s'avviava... Firenze, Bologna, Torino, Venezia... tante città, in cui egli da giovine era stato e che ancora, certo, in quella notte sfavillavano di luci sulla terra. Sì, sapeva la vita che vi si viveva! La vita che un tempo vi aveva vissuto anche lui!. E seguitava, quella vita; aveva sempre seguitato, mentr'egli qua, come una bestia bendata, girava la stanga del molino. Non ci aveva pensato più! Il mondo s'era chiuso per lui, nel tormento della sua casa, nell'arida, ispida angustia della sua computisteria... Ma ora, ecco, gli rientrava, come per travaso violento, nello spirito. L'attimo, che scoccava per lui, qua, in questa sua prigione, scorreva come un brivido elettrico per tutto il mondo, e lui con l'immaginazione d'improvviso risvegliata poteva, ecco, poteva seguirlo per città note e ignote, lande, montagne, foreste, mari... Questo stesso brivido, questo stesso palpito del tempo. C'erano, mentr'egli qua viveva questa vita «impossibile», tanti e tanti milioni d'uomini sparsi su tutta la terra, che vivevano diversamente. Ora, nel medesimo attimo ch'egli qua soffriva, c'erano le montagne solitarie nevose che levavano al cielo notturno le azzurre fronti... Sì, sì, le vedeva, le vedeva, le vedeva così... c'erano gli oceani... le foreste... E, dunque, lui - ora che il mondo gli era rientrato nello spirito - poteva in qualche modo consolarsi! Sì, levandosi ogni tanto dal suo tormento, per prendere con l'immaginazione una boccata d'aria nel mondo. Gli bastava! Naturalmente, il primo giorno, aveva ecceduto. S'era ubriacato. Tutto il mondo, dentro d'un tratto: un cataclisma. A poco a poco, si sarebbe ricomposto. Era ancora ebro della troppa troppa aria, lo sentiva. Sarebbe andato, appena ricomposto del tutto, a chiedere scusa al capo-ufficio, e avrebbe ripreso come prima la sua computisteria. Soltanto il capo-ufficio ormai non doveva pretender troppo da lui come per il passato: doveva concedergli che di tanto in tanto, tra una partita e l'altra da registrare, egli facesse una capatina, sì, in Siberia... oppure oppure... nelle foreste del Congo: - Si fa in un attimo, signor Cavaliere mio. Ora che il treno ha fischiato...

giovedì 5 giugno 2008

Vi ho mai raccontato la storia di Cromo??? Ne hanno tratto anche un cartone animato tempo fa... per ovvi motivi hanno cambiato il nome... tutto il resto è pura verità .. compresa la lontramobile e i voli farfalla air :D




[youtube http://www.youtube.com/watch?v=yhPTM629atA&hl=it]

e poi oggi girà così... però è bellissima


Vola, colomba bianca, vola,
diglielo tu che tornerá.

Dio del ciel se fossi una colomba
vorrei volar laggiù dov'è il mio amor,

che inginocchiata a San Giusto
prega con l'animo mesto:
Fá che il mio amore torni, ma torni presto.

Vola, colomba bianca, vola,
diglielo tu che tornerò.
Dille che non sarà più sola
e che mai più la lascerò.

Fummo felici uniti e ci han divisi,
ci sorrideva il sole, il cielo e il mar.
Noi lasciavamo il cantiere
lieti del nostro lavoro
e il campanon din don ci faceva il coro.

Vola, colomba bianca, vola,
diglielo tu che tornerò.
Dille che non sarà più sola
e che mai più la lascerò.

Tutte le sere m'addormento triste
e nei miei sogni piango e invoco te.
Pure el mi vecio te sogna
pensa alle pene sofferte
piange e nasconde il viso tra le coperte.

Vola, colomba bianca, vola.
Dio del ciel diglielo tu

Così.. nonostante le gufate della balorda... pare che i biglietti per vasco ci siano.... Certo andrò con il bastone visto che cammino ancora come Quasimodo, però ci vo ecco!!!


Non son una fan accanita di Vasco ma le sue canzoni sono legate a molti ricordi e a molte persone e qualcuna mi appartiene un po'... vediamo se ricordo bene


OGNI VOLTA: DANIELE


COLPA D'ALFREDO: DANIELE - CESARE


UNA CANZONE PER TE: IL MIO PICCOLO


STUPENDO: LA MICHI..... e le volte che faceva l'aeroplano in discoteca... 15 anni fa....


LA STREGA: LA MARY


LAPO: REWIND


canzoni mie


VIVERE


UN SENSO


VOGLIO ANDARE AL MARE


SALLY


E ... in questo periodo canto spesso (incazzata) questa


Jenny non vuol più parlare
non vuol più giocare
vorrebbe soltanto dormire
Jenny non vuol più capire
sbadiglia soltanto
non vuol più nemmeno mangiare
Jenny è stanca
Jenny vuole dormire
Jenny è stanca
Jenny vuole dormire
Jenny ha lasciato la gente
a guardarsi stupita
a cercar di capir cosa
Jenny non sente più niente
non sente le voci che il vento le porta
Jenny è stanca
Jenny vuole dormire
Jenny è stanca
Jenny vuole dormire

Io che l'ho vista piangere
di gioia e ridere
che più di lei la vita
credo mai nessuno amò
io non vi credo
lasciatela stare
voi non potete

Jenny non può più restare
portatela via
rovina il morale alla gente
Jenny sta bene
è lontano...la curano
forse potrà anche guarire un giorno
Jenny è pazza
c'è chi dice anche questo

Jenny è pazza
c'è chi dice anche questo

Jenny ha pagato per tutti
ha pagato per noi
che restiamo a guardarla ora
Jenny è soltanto un ricordo
qualcosa di amaro da spingere giù in fondo
Jenny è stanca
Jenny vuole dormire
Jenny è stanca
Jenny vuole dormire
Jenny è stanca
Jenny vuole dormire

















































1 www.splinder.com/myblogrolling/manage/335707
1 Google.it (Sarebbe facile guardarsi appena e scivolare via)
1 Google.it (titoli ultime canzoni maggio e giugno 2008)
1 Google.it (la marea)
1 Google.it (come si chiama la canzone che dice ti bacio piano piccola mia)
1 Google.it (cesena mercoledì piove)
1 Google.it (DIMENTICARE QUALCUNO)
1 Google.com (poesia + colore + luna)
1
1
1 Google Immagini.it (legnago, VR)



Prendo in stecca una rubrica in disuso da Monica... magari solo per sta volta magari no. E' che sono contenta delle chiavi di ricerca di questa giornata C'è una canzone che appartiene alla mia storia



Sarebbe facile guardarsi appena e scivolare via
ma la mano mia cade nella tua
e col fatto che si resta amici
come è giusto che sia
scarto l'idea, di domandare a te.
Senza di me

cosa si fa nei pomeriggi troppo blu
senza me
chi sarà a darti un bacio di più.

Sarebbe inutile parlare ancora dei problemi miei
li conosci e sai, che mi arrabbierei
cos mi chiedi se ho mangiato o no
che bambino sei, non cambi mai
....
....


e poi canzoni e la marea e ancora la ricerca della canzone degli Stadio. E la poesia Marino Moretti


Batte la pioggia il grigio borgo, lava
la faccia della casa senza posa,
schiuma a piè delle gronde come bava.

Tu mi sorridi. Io sono triste. E forse
triste è per te la pioggia cittadina,
il nuovo amore che non ti soccorse,

il sogno che non ti avvizzì, sorella
che guardi me con occhio che s’ostina
a dirmi bella la tua vita, bella,

bella! Oh bambina, o sorellina, o nuora,






E poi "dimenticare qualcuno" chi cerca on line questa chiave? Cmq ha sicuramente sbagliato indirizzo, sono negata nelle amnesie. Infine le due più belle




poesia + colore + luna = marea


E qualcuno perso sull'argine, cercando Legnago ha trovato me.






mercoledì 4 giugno 2008

FOTOPOESIA (?)

LA MUSICA DELLE MANI


La musica è fatta di mani,
mani che suonano
piste e canali
e gli alti e bassi
di questa serata






Mani che sentono
la musica sulle dita
e arpeggiano nel vuoto
la musica che è nell'aria,
accarezzano uno strumento
che non potrà mai scordarsi
come queste sere
come questi volti
come ogni volta che ritroviamo
questa unione.



La musica è fatta di mani
che corrono sulle corde,
che fondono l'accordo
con il plettro e la pelle
ora forte, ora dolce
carezzando
come fosse un ventre,
una sorgente,
una donna.




La musica è fatta di mani
che si stringono da sole
e vibrano di emozione,
che tamburellano,
giocano
e si ritrovano ancorate ad una nota
ad un pensiero
ad un ricordo
alla paura di un errore
e alla certezza di una nuova sfida
a noi stesse
ad ogni smorfia
e ad ogni sorriso.



La musica è fatta di mani
le vostre mani che suonano
e le nostre che applaudono,
mani che sole restano ad ascoltare
mani che si salutano
mani che vanno via
cantando sulla strada
la musica fatta di mani.





(In foto in ordine di apparizione: Le mani del fonico del Muddy Blue, le mani di Gibson, Scrigno+
Roberto Lacchini alias Rock'n'roll Animal, Monicanta e un attento avventore)



martedì 3 giugno 2008



“Ahii, mi fai male….ok così oh si così”



La finestra era appena socchiusa e la tenda sbuffafa qualche spiraglio di aria fresca. Lei era sdraiata, la schiena nuda, numerosi cuscini sotto la guancia talora affaticata, talora rilassata. Nel silenzio afoso della domenica pomeriggio riecheggiavano i suoi gemiti, mentre il respiro affannoso di lui si intervallava agli ansimi di lei, come virgole posate qua e là.



“Si ci sei, è quello il punto… si così adesso…” e le mani di lui scivolavano ancora più velocemente sulla pelle di lei, a toccare, a premere a carezzare fino a che le forze non cominciarono a venire meno e la fatica di lui si risolse in poche parole “ma non è meglio che chiamiamo il chiropratico?”



“No, zitto e massaggia.”



(sottotitolo.... ho di nuovo il mal di schiena)