mercoledì 29 aprile 2009

Eccomi qui, riemersa dai mucchi di cose da fare. In questi giorni ho pensato spesso all'espressione schifata di mio padre quando, entrando in ufficio, diceva "troppa carta... troppa carta" e come dargli torto. Il lavoro contabile amministrativo ormai è diventato una mera sequela di pezze giustificative per tutelarsi, perchè quello che si dice non basta più, non basta lo scambio, il confronto. Ora si viaggia a raccomandate assurde, talmente assurde, che un giorno mi toccherà scriverci uno stupidario. E' abbastanza alienante passare le giornate a evadere prolemi che non avrebbero ragione di esistere se solo la gente imparasse due semplicissime regole:


1. essere educate
2. essere (un minimo) tolleranti.


Non pare complicato visto così, ma vabbhè. Penso sia chiaro il motivo del mio silenzio. E poi. E poi sto vivendo questa esperienza totalizzante che è la gravidanza. Anche se non posso godermela come vorrei (il paradiso del libero professionista) mi trovo a non essere più sola da 8 mesi a questa parte e diventa difficile parlare di altro che non sia il mio piccolo. Ma. C'è una parte di me che si rifiuta categoricamente di diventare uno di quegli stereotipi di mamma che parlano solo di pappa e cacca, anche se ho paura che nei prossimi mesi un po' mi toccherà.

Insomma per ora sono tornata, prendetemi per quella che sono con piedi gonfi, vomito e un ormonale bisogno di coccole :).




MAMMMMMAAA E' A CAAASSAAAAAA


giovedì 16 aprile 2009

e sta sera concerto di Sergio Caputo alla Salumeria della Musica.... a caccia di un umore migliore. Grazie Dida.




Chi ha dormito nel mio letto Dio lo sa il cuscino è tutto sporco di fard poi ricordo vagamente, per comprar le sigarette ho sbagliato, e sono entrato al "Paradise" ahimè, che fatalità.... tonight e la vita dromedaria se ne va nel deserto della quotidianità Noi, la seguiamo incompetenti eludendo i cambiamenti sopraggiunti con l'andare dell'età Ahimè, tempi duri per noi, Gagà. Accidenti è domenica... sono a pranzo dai miei troppo tardi, sono quasi le sei... Mi sorprende la malinconia con le mani nel sacco della biancheria... Preoccuparmi di esistere, mi logora quanto i postumi del Whisky e anche più... mentre cerco i pantaloni sento gli usignoli fischiettarmi tea-for-two... E la vita dromedaria se ne va, soffia il ghibli della casualità... fra odalische inflazionate e passioni simulate per difenderci dall'aridità... poesia da gran varietà, voilà... Si dirada la zazzera, che panico, specchio idiota, non discuto con te... nell'alba post-pomeridiana splende una triste banana, gialla come me... le nevrosi di un cinico, si evolvono, oltre i danni di una notte flambeé, con la faccia "plissettata", esco per la strada, e... salve, fammi un bel caffè.

martedì 14 aprile 2009






Qualcuno mi stupirà, qualcuno mi deluderà... per tutti batterà il mio cuore, per il resto tengo stretta la mia vita, almeno per un giorno... un giorno alla volta....ma tu fammi sentire che ci sei.

venerdì 10 aprile 2009

Requiem

Io lo so che non sono solo
anche quando sono solo
io lo so che non sono solo
io lo so che non sono solo
anche quando sono solo

sotto un cielo di stelle e di satelliti
tra i colpevoli le vittime e i superstiti
un cane abbaia alla luna

un uomo guarda la sua mano



sembra quella di suo padre
quando da bambino
lo prendeva come niente e lo sollevava su
era bello il panorama visto dall’alto



si gettava sulle cose prima del pensiero
la sua mano era piccina ma afferrava il mondo intero



ora la città è un film straniero senza sottotitoli
le scale da salire sono scivoli, scivoli, scivoli
il ghiaccio sulle cose
la tele dice che le strade son pericolose



ma l’unico pericolo che sento veramente
è quello di non riuscire più a sentire niente
il profumo dei fiori l’odore della città
il suono dei motorini il sapore della pizza



le lacrime di una mamma le idee di uno studente
gli incroci possibili in una piazza

di stare con le antenne alzate verso il cielo
io lo so che non sono solo



io lo so che non sono solo
anche quando sono solo
io lo so che non sono solo
e rido e piango e mi fondo con il cielo e con il fango
io lo so che non sono solo
anche quando sono solo
io lo so che non sono solo
e rido e piango e mi fondo con il cielo e con il fango



la città un film straniero senza sottotitoli
una pentola che cuoce pezzi di dialoghi
come stai quanto costa che ore sono
che succede che si dice chi ci crede

e allora ci si vede



ci si sente soli dalla parte del bersaglio
e diventi un appestato quando fai uno sbaglio
un cartello di sei metri dice tutto è intorno a te
ma ti guardi intorno e invece non c’è niente



un mondo vecchio che sta insieme solo grazie a quelli che
hanno ancora il coraggio
di innamorarsi
e una musica che pompa sangue nelle vene
e che fa venire voglia di svegliarsi e di alzarsi



smettere di lamentarsi



che l’unico pericolo che senti veramente
è quello di non riuscire più a sentire niente
di non riuscire più a sentire niente



il battito di un cuore dentro al petto
la passione che fa crescere un progetto
l’appetito la sete l’evoluzione in atto
l’energia che si scatena in un contatto



io lo so che non sono solo
anche quando sono solo
io lo so che non sono solo
e rido e piango e mi fondo con il cielo e con il fango
io lo so che non sono solo
anche quando sono solo
io lo so che nn sono solo
e rido e piango e mi fondo con il cielo e con il fango



e mi fondo con il cielo e con il fango



e mi fondo con il cielo e con il fango

martedì 7 aprile 2009






Ho sentito il tiepido silenzio del mezzogiorno oggi. Un'assenza di traffico, quasi un sospiro trattenuto, un vociare di famiglia che fuoriusciva dalle finestre finalmente aperte, il metallico battere di ceramiche a segnalare piatti pronti e una madre soddisfatta del pranzo preparato per avere la famiglia attorno a lei. E' stata così lunga l'assenza di tepore che pensavo fosse perduto per sempre. Una casa, con tutto quello che una casa può essere e significare.

Poi ho guardato un po' più in là del mio orizzonte e ho visto coperte e tappeti ad avvolgere visi spettrali, ho avvertito tremore sotto i piedi, tra le ossa, e ho sentito il cocciare di sassi secolari e coppi, vetri infranti, travi e corree inginocchiate sopra corpi semi nudi. Nessun tepore, nessuna casa ... non più. Cielo, troppo cielo sopra le teste ferite e polverose, sopra il sangue raggrumato. Un'eco lontana del '76 quando sono nata, quando mia madre mi ha portata in fasce a Gemona e le parole tremanti dello zio pompiere in servizio ad ogni emergenza. Questo è quanto possa raccontare del crollo di una vita durato sei minuti. Poco lo so, fortunata, so anche questo. Forse un nulla questo pensiero. Forse solo un po' di tepore per chi ha perso una casa, con tutto quello che una casa può essere e significare.